Un’indagine condotta dall’Institute of Applied Economic Research (I-Aer) su un campione di 741 PMI italiane rivela che, nonostante il gender gap nel mondo del lavoro sia ancora presente in modo evidente, ci sono segnali di cambiamento in Italia, soprattutto per quanto riguarda l’assunzione e l’assegnazione di responsabilità aziendali alle donne. Dopo la pandemia da Covid-19, si è registrata un’accelerazione nell’attribuzione di ruoli imprenditoriali alle donne. Il settore terziario si conferma sempre più “rosa”, con quasi il 25% di dirigenti donne, rispetto al 15% dell’industria. In particolare, nel terziario privato, si riscontra una presenza significativa di donne manager nel settore sanitario e assistenza sociale (50%), nell’istruzione (42%), nel noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (29%), e in altre attività di servizi (27%). Analizzando le diverse regioni italiane, la Sicilia si posiziona al primo posto con la percentuale più elevata di donne in posizioni dirigenziali (27%), seguita da Lazio (26%), Calabria (25%), Molise (23%) e Lombardia (22%). A livello provinciale, Milano è la provincia con il maggior numero di donne dirigenti, seguita da Roma e Torino.
Cambiamenti nel periodo post-Covid
Secondo Fabio Papa, fondatore di I-Aer, “questa apertura dei vertici aziendali alle donne è avvenuta principalmente nel periodo post-Covid, che ha fatto comprendere alle imprese familiari quanto fosse necessario compiere questo passo per sopravvivere nell’economia odierna e futura. Un altro aspetto importante è che questa apertura è avvenuta soprattutto in società con una forte propensione verso i mercati internazionali e un management sensibile alla formazione continua”. Nonostante lo scenario appaia più incoraggiante rispetto a qualche anno fa, ci sono ancora ombre. A volte, il prezzo da pagare per le donne che raggiungono ruoli dirigenziali, anche all’interno di aziende familiari, è elevato. Infatti, nei due anni successivi al congedo di maternità, lo stipendio delle donne è inferiore del 10-35% rispetto a quanto sarebbe stato se non avessero avuto figli. Inoltre, il 57% delle donne che occupano posizioni di potere non ha figli, mentre per gli uomini questa percentuale si ferma al 25%. “La notizia positiva è che la famiglia imprenditoriale cerca di dare l’opportunità alle giovani donne di affermarsi, ma la notizia negativa è che lo stress psicologico delle responsabilità ritarda il matrimonio, la maternità e la conciliazione tra vita lavorativa e privata”, commenta Papa.
Maternità (e paternità)
L’impatto di avere un figlio è ancora maggiormente rilevante per le madri rispetto ai padri, rappresentando un elemento discriminante per la carriera delle donne. Tuttavia, esistono soluzioni e una di queste può essere la managerializzazione delle imprese, ovvero l’apertura a figure esterne che assumano ruoli di leadership all’interno dell’azienda. “Questo cambiamento potrebbe consentire maggiori deleghe da parte delle imprenditrici, ma spesso risulta difficile”, spiega Papa. “Il 98% delle aziende italiane è costituito da PMI, di cui l’83% è a conduzione famigliare. Di conseguenza, i vertici aziendali sono i primi a mostrare resistenza alla managerializzazione, soprattutto per paura di perdere il controllo della società. Altri, invece, non possono farlo per ragioni finanziarie”. Anche lo Stato può e deve fare la sua parte, creando le condizioni di supporto per le madri che desiderano vivere la maternità in modo sereno. Ciò può includere una maggiore disponibilità di strutture come asili nido e scuole materne, oltre a tariffe più accessibili, sostiene il fondatore di I-Aer. Nonostante siano ancora necessari molti progressi, specialmente per quanto riguarda l’equilibrio tra vita e lavoro per le donne che ricoprono ruoli dirigenziali, sembra che il cambiamento verso la parità di genere sia iniziato anche in Italia. “Nel prossimo decennio assisteremo a ulteriori miglioramenti: i semi di questa rivoluzione rosa sono stati piantati e il messaggio più importante è che sempre più attenzione viene posta sulle competenze, indipendentemente dal genere”, conclude Papa.