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Attivatori Funzionali: L’intelligenza del sorriso

La terapia con Attivatori funzionali di Soulet Besombes (oggi Sodis apf) nasce negli anni ’50 in Francia.

In Italia è ancora relativamente poco conosciuta rispetto ai più noti canali ortodontici funzionali mobili o fissi più strutturalisti e meccanici.

La metodica considera il ripristino delle funzioni quali la respirazione nasale, la deglutizione, la masticazione e la fonazione alla base dell’armonia dento mascellare e dunque occlusale. La rieducazione funzionale, attraverso un lavoro propriocettivo e fasciale, consente un risultato ortodontico eccellente e soprattutto stabile nel tempo, poiché implica il riequilibrio delle forze in gioco e quindi elimina le cause stesse della malocclusione (con l’ortodontia classica la recidiva rimane un tema centrale).

La prospettiva sul paziente è radicalmente ribaltata, il paziente è posto al centro del suo iter di guarigione, sfruttando le proprietà intrinseche del corpo come sistema biodinamico e sempre pronto alla ‘riattivazione’, piuttosto che essere un sistema passivo su cui si esercitano delle forze di spinta meccanica. La premessa culturale è proprio quella della medicina globalista: la comunicazione fasciale e cellulare, ormai è risaputo, corre su binari informativi che collegano il corpo come un uno-tutto indissolubile. La bocca rappresenta uno snodo recettoriale fondamentale ed è bilanciere del corpo nel sistema tonico-pasturale, oltre che tramite di comunicazione con il mondo esterno; inoltre, rivela l’unicità del soggetto in questione poiché descrive la sua storia (dalla vita embrionale in poi), che non è mai uguale a quella di un altro e per questo non può essere trattata seguendo il quadro sinottico delle categorie ortodontiche.

La terapia con attivatori funzionali è particolarmente indicata in caso di bambini con problemi di respirazione orale (molti bambini operati di tonsillectomia o adenoidectomia potrebbero evitare l’intervento se fossero rifunzionalizzati), di deglutizione atipica, fonazione scorretta (molti problemi di resa scolastica vengono erroneamente ascritti ad incapacità o disturbi dell’attenzione del bambino, a volte addirittura trattati farmacologicamente), affollamento e malposizione dentale, palato stretto e cosi via, ma è incredibilmente utile anche in pazienti adulti parafunzionali come bruxisti, russatori o con problemi articolari, diventando un ausilio gnatologico ben più potente del famoso bite.

Esistono diversi tipi di attivatori, sia per il materiale che per le misure; per iniziare la terapia, oltre agli esami radiografici eventualmente necessari, è sufficiente fare un book fotografico e prendere una scansione delle arcate dentali così da avere un modello storico di riferimento. Gli attivatori vengono portati dai pazienti essenzialmente la notte, mentre di giorno sarà sufficiente portarlo non più di due ore. Ovviamente non esiste un protocollo valido per tutti, ma è da effettuarsi una progettazione calibrata sul singolo soggetto per ottenere il massimo risultato nel minor tempo possibile. Per rendere ancora più efficace questo genere di terapia si può affiancare, laddove necessario, una terapia osteopatica e/o logopedica, in un’ ottica di collaborazione multidisciplinare tutta a vantaggio del paziente.

La Dottoressa Marta Piragine si laurea con lode in Odontoiatria e protesi dentaria nel 1997 presso l’Università La Sapienza di Roma.

Master in Posturologia, perfezionata in Estetica Dentale, formazione OSB con Rodrigue Mathieu, si interessa negli anni a una formazione sempre più volta all’approccio globale sia in campo protesico che ortognatodontico. Autrice del libro “L’Intelligenza del sorriso”.

www.studiomartapiragine.com

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