In un mondo dove negazionisti, complottisti, anti-vaccino e terrapiattisti sembrano proliferare, emerge la domanda: è possibile dialogare con chi rifiuta la scienza e, ancora di più, riuscire a cambiare le loro convinzioni? Questa è la sfida affrontata nel saggio del filosofo Lee McIntyre, “Come parlare con chi nega la scienza”, pubblicato da FrancoAngeli. McIntyre, ricercatore presso la Boston University e autore di opere su scetticismo e fake news, esplora le dinamiche che sottendono al negazionismo e offre una guida su come avvicinarsi a questi delicati dialoghi.
Il negazionismo non è un fenomeno isolato o marginale, come dimostra il caso del presidente della conferenza COP28, Sultan Al Jaber, che ha messo in discussione la necessità di eliminare i combustibili fossili per limitare il riscaldamento globale. Questa affermazione si scontra con il parere di oltre il 99% degli scienziati, mettendo in luce come il negazionismo possa infiltrarsi anche in ambienti di alto profilo.
In un contesto in cui la fiducia nella scienza è in calo, come indicato da un report del Pew Research Center che mostra un netto declino nel credere che la scienza abbia un impatto positivo sulla società, le teorie del complotto trovano terreno fertile. Dalle idee che il 5G contribuisca alla diffusione del Sars-CoV-2 alle “scie chimiche” degli aerei, il panorama del negazionismo è vasto e variegato.
McIntyre identifica cinque tattiche comuni usate dai negazionisti per sostenere le loro tesi e screditare l’opinione avversaria. Tra queste, il “cherry-picking” o selezione ad hoc delle prove, il ragionamento illogico, il ricorso a teorie del complotto, la fiducia nei falsi esperti e la “presunta perfezione della scienza”. Queste tattiche, analizzate da psicologi come Stephan Lewandosky, sono cruciali per comprendere e contrastare il negazionismo.
Di fronte a questa sfida, McIntyre propone un approccio basato sul dialogo calmo e rispettoso. Sottolinea l’importanza di costruire un rapporto di fiducia con i negazionisti, aiutandoli a gestire la minaccia che le nuove informazioni possono rappresentare per il loro ego. Il filosofo sottolinea che spesso queste persone aderiscono a teorie irrazionali perché queste riflettono la loro identità e il desiderio di appartenere a una certa “tribù”.
Nelle sue interazioni con i negazionisti, McIntyre ha scoperto che attaccare direttamente le loro idee è spesso controproducente, poiché percepito come un attacco alla loro identità. Suggerisce invece di concentrarsi sul modo fallace in cui argomentano, esponendo le loro tecniche disoneste e invitandoli a cercare argomentazioni più fondate.
Inoltre, McIntyre consiglia di evitare di etichettare queste persone come “negazionisti”, poiché nessuno si definisce in quel modo. Si considerano piuttosto come “scettici” dalla mente aperta, benché le loro credenze si basino più sulla fede che sulla ragione e sulle prove.
Il saggio di McIntyre non solo illumina le tattiche del negazionismo ma offre anche strategie concrete per affrontarlo. In un’epoca segnata dalla disinformazione e dal declino della fiducia nella scienza, il suo lavoro rappresenta una guida essenziale per navigare le acque tumultuose del dialogo scientifico e per cercare di ristabilire un terreno comune basato su fatti e logica.
Marta Pennacchio