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Un uomo non imparerà mai ciò che ritiene già di sapere

Il pensiero, attribuito al filosofo Epitteto, è un vestito perfetto per la società che viviamo. Dal cambiamento climatico, ai fischi dei missili che sibilano sempre più vicini, al ritorno di certe ideologie e tanto altro ancora, si assiste ad una continua guerra tra catastrofisti e negazionisti che cancella la media virtus della ragione, della verità.

La premessa, seppure lontana dal tema che tratterò, è necessaria. Il settore agroalimentare, e più nello specifico tutto quanto concerne il commercio agroalimentare, sta subendo, nel tempo, un processo di privatizzazione de facto. Sotto il vessillo sbandierato dell’abbattimento della filiera lunga, si è permesso alle aziende della grande distribuzione di strappare contratti direttamente in campo con le aziende produttrici, determinando effetti di caduta deleteri per l’intero settore.

Perché se è vero che in questo modo si è proposto al cliente finale un prezzo dei prodotti calmierato, si è al contempo costruita una strategia comunicativa che ha posizionato i beni della terra come vittima sacrificale, specchietto per le allodole per attirare la clientela per poi recuperare con margini più alti su altre tipologie di prodotto. Le conseguenze pesanti, però, con il tempo si sono accanite contro i produttori in un sistema che ha stabilito i prezzi al ribasso e lasciato le oscillazioni delle stagioni e delle avversità sulle spalle degli agricoltori che, è cronaca odierna, resistono solo grazie al complesso ed oneroso sistema delle sovvenzioni pubbliche.

Ma come si può tutelare il consumatore distruggendo la fonte primaria di produzione per poi doverla sostenere a colpi di milionate di interventi pubblici?

La filiera lunga è davvero il problema? Ecco, a questo punto, ritornare in mente la frase di Epitteto. Non può essere un caso che le stratificazioni di antiche e vecchie civiltà abbiano evidenziato che quelle più evolute e ricche basavano la propria fortuna sugli scambi commerciali, sul mercato. Un luogo fisico, e non solo metaforico, dove s’incontrano merci e persone e si costruiscono rapporti e accordi commerciali, e dove, seppure nella libertà del diritto, vige la legge commerciale di domanda ed offerta.

Una stratificazione commerciale che in Italia esiste, storicamente, ma che ha bisogno di essere rinforzata e difesa da attacchi e speculazioni che ne minano le fondamenta ed il futuro. I Centri Agro Alimentari, o per brevità, i Mercati generali sono una realtà importante per il nostro paese, fondamentale per il nostro territorio. In un’evoluzione continua dai tempi antichi a quelli moderni, il fulcro dell’economia si è trasformato. Non è più semplicemente il luogo d’incontro di merci e mercanti, ma il polo di raccordo, di controllo e salubrità, di legalità e di tutela.

Il centro Agro Alimentare va pensato e sviluppato come centro di servizi a tutela dei consumatori, certo, ma anche dei produttori e della concorrenza commerciale. I mercati sono la linfa dei piccoli produttori, spesso baluardi di biodiversità e tradizione, che rischiano di venire aspirati nel tendenziale latifondismo che sta nascendo dalle politiche della grande distribuzione.

Oggi i mercati hanno una vera e propria funzione pubblica che non può essere derubricata all’ennesimo spreco di soldi collettivi, cosa che in alcuni casi non si può negare, ma, al contrario, deve essere leva per qualificare il servizio, con l’aiuto dei privati certo, per assumerlo a fondamento del circuito commerciale senza però svalutarlo ed affidarlo nelle complete mani di soggetti esterni al pubblico che, seppure con maggiore perizia di causa, seguirebbero finalità molto meno etiche.

Quanto appena detto è stato drammaticamente dimostrato dai recenti eventi pandemici. Perché se è vero che il paese è andato in completo tilt nei suoi servizi essenziali, a partire dalla sanità, passando per i trasporti per finire con l’Istruzione, c’è qualcosa che invece ha funzionato benissimo ed è proprio la produzione ed il commercio agroalimentare. Un fenomeno in cui i mercati sono stati elemento trainante e fondamentale soprattutto nel ruolo di parziale stabilità dei prezzi ed il funzionamento delle catene logistiche e commerciali, comprese quelle del freddo, in un paese che aveva preso le sembianze delle versioni post apocalittiche della peggior specie viste nelle pellicole d’oltreoceano.

Una riflessione, la mia, che mi auguro condivisa, soprattutto in un momento storico in cui, nel nome di una necessaria spending rewiev, si chiede una presenza pubblica più leggera in ogni comparto. Ma non tutti i settori sono uguali e non tutti possono essere trattati allo stesso modo. Il nostro territorio, la nostra amata Campania, ha bisogno che il sistema dei mercati si potenzi e veda le istituzioni puntarci in maniera inequivocabile. I motivi sono tanti e tutti validi, ma in particolare voglio sottolineare elementi fondamentali come la legalità, la tutela di ogni fascia sociale di popolazione, la sicurezza alimentare.

Se si parla di legalità e del perché serva che i mercati restino pubblici è fin troppo semplice spiegare che la presenza dello stato, in maniera forte, può rappresentare un ostacolo ad infiltrazioni e ad interessi illeciti suscitati dall’enorme giro di affari che il settore sviluppa.

Dal punto di vista sociale, poi, un mercato forte, pubblico, garantisce che i prezzi siano equi per i produttori, tutelando il loro lavoro, ma anche per i consumatori facendo in modo che la domanda e l’offerta si incontrino anche grazie alle migliorie dei servizi ed all’accesso. I prodotti della terra devono restare nel paniere delle famiglie italiane, di tutte le famiglie e per fare questo bisogna mettere a disposizione di produttori e commercianti servizi e funzioni che vadano ad incidere positivamente sui prezzi.

Parlando poi di sicurezza alimentare, è chiaro che il mercato, a tutela del proprio ruolo, deve essere organo di verifica e controllo ma anche di salvaguardia tracciando e certificando la merce che transita attraverso protocolli e processi di garanzia che pongano al centro di tutto la qualità e la salubrità per il consumatore.

Ci sono tanti motivi come si può vedere per tutelare il futuro pubblico dei mercati. Motivi etici e commerciali, garanzie di futuro e continuità. Perché se è vero che l’uomo impara sempre troppo poco dal passato, è vero anche che gli errori sono la linfa del miglioramento, soprattutto se si realizza in tempo la strada sbagliata intrapresa.

I segnali che la strada giusta è quella di potenziare i mercati ci sono tutti, quindi, sia chiaro e forte il segnale che si vuole dare.

I tempi, questi, richiedono coraggio e fermezza. Viva il mercato.

Stefano Luciano
Presidente C.N.L. 1930

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