La recente edizione della Guida Michelin Italia non ha assegnato, ancora una volta, alcuna stella alle pizzerie. Secondo Gwendal Poullennec, direttore internazionale della Rossa, “aspettiamo un’esperienza gastronomica che crei davvero un viaggio memorabile, un’esperienza degna di essere ricordata”. Tuttavia, i pizzaioli non sono d’accordo. Da Renato Bosco a Ciro Salvo, molti sostengono che sia giunto il momento di cambiare direzione.
L’evoluzione del settore
Da street food per eccellenza a cibo di lusso, negli ultimi anni la pizza è stata oggetto di sperimentazione e ricerca. Nuovi tempi di lievitazione, impasti innovativi, nuove consistenze e abbinamenti l’hanno portata a aspirare a un posto nell’olimpo dei locali stellati. Non si tratta più solo di ricette familiari e tradizioni tramandate di padre in figlio, ma di un’espressione culinaria di grandi maestri in tutta Italia.
“Per quanto riguarda la scelta delle materie prime, il servizio e la preparazione del pizzaiolo stesso, credo che le pizzerie oggi non abbiano nulla da invidiare ai ristoranti stellati”, afferma Ciro Salvo, pizzaiolo e titolare di “50Kalò”, uno dei templi partenopei della pizza. Anche il modo in cui la pizza viene proposta ai clienti e l’attenzione riservata a loro sono cambiati. “Quando abbiamo aperto ‘Confine’, abbiamo ragionato su quale fosse il gap da colmare nelle pizzerie: soprattutto la sala, l’attenzione al calice, al servizio, alla prenotazione”, aggiunge Francesco Capece, pizzaiolo e cofondatore di “Confine-Pizza e Cantina”, locale milanese all’avanguardia che, dalla primavera del 2023, propone veri e propri menu degustazione a base di pizza, con vini in abbinamento.
La conoscenza del mondo pizza
Secondo alcuni, i commissari Michelin faticherebbero a comprendere questa evoluzione gourmet. “Non è la pizzeria a non essere pronta per la stella: forse sono proprio i commissari a non essere ancora pronti a valutare il settore di oggi”, sostiene Renato Bosco, “pizzaricercatore” di “Saporé”, che conta diverse sedi a Verona e in Italia. “Quest’anno, al convegno degli Ambasciatori del Gusto, abbiamo invitato un ex ispettore della Guida Michelin. Lui ci ha fatto capire che i suoi colleghi non sanno come trattiamo le materie prime, non conoscono l’evoluzione che abbiamo avuto. La Guida pensa ancora che utilizziamo prodotti in scatola. No. Noi sulla pizza appoggiamo prodotti freschi, lavorati con tecniche di cucina. Lo specifico perché è bene che si sappia”.
L’identità e il momento giusto
Non manca, però, l’interesse della Michelin nei confronti di alcune realtà. “La mia pizzeria è inserita in Guida tra i locali segnalati dal 2017, quindi l’attenzione c’è”, osserva Ciro Salvo. “Credo che gli ispettori stiano aspettando il momento giusto, magari un periodo in cui l’attenzione sulla Guida sia più bassa, perché la stella a una pizzeria farà molto rumore e quando succederà ne parleranno per giorni tutti”. Bosco aggiunge: “La Guida è dedicata alla cucina e non è legata a un territorio, mentre la pizza è un cibo che ha un’appartenenza nazionale molto forte: probabilmente si fatica a entrare nella mentalità che la pizza è ormai un piatto che si mangia in tutto il mondo, tanto da non avere nemmeno bisogno di una traduzione”.
La pizzeria stellata del 1962 e le altre guide
“Oggi ci sono altre guide che premiano le pizzerie”, osserva Capece, “e facendone noi parte possiamo dire che funzionano”. In effetti, “Confine” ha ricevuto diversi riconoscimenti. “Magari un domani Michelin inizierà, come ha fatto con gli alberghi, a dare valore al mondo pizza. Noi siamo sempre stati visti un po’ come i fratelli minori, lo sappiamo, ma auspichiamo di farne parte”. In realtà, nel 1962 la Guida francese premiò con una stella una pizzeria di Pontecagnano Faiano, in provincia di Salerno: la “Pizzeria Negri”, celebre per la cottura al forno non solo delle pizze, ma di tutti i piatti in menu. Il locale, fondato nel 1928, è aperto ancora oggi.
Oltre la pizza, altri casi discussi
Fa discutere il diverso trattamento riservato ad altri tipi di street food da parte della Michelin. Nel 2024, infatti, “El Califa de León”, piccolo chiosco di tacos a Città del Messico, ha ricevuto una stella. Nello stesso anno, è stata anche la volta della gelateria “Minimal” a Taiwan, un unicum nella storia del gelato. “È assurdo che uno street food d’eccellenza come il nostro non venga riconosciuto e valorizzato per quello che è”, commenta Bosco. “Se vieni nella mia pizzeria ci sono sette consistenze diverse di impasto e prodotti da tutto il territorio, non è la Capricciosa di cinquant’anni fa. Bisogna aprire gli occhi, i tempi sono maturi, i commissari devono aggiornarsi”.
Tra i maestri italiani del lievitato c’è chi, invece, ha una posizione più moderata, come il celebre pizzaiolo partenopeo Gino Sorbillo: “Le cose arrivano se devono arrivare, di sicuro si fa un grande lavoro e negli ultimi tempi tutto è molto cambiato”, dice. “Secondo me al 90 per cento l’anno prossimo sarà la volta buona, è possibile che ci stiano facendo aspettare per fare alzare ancora di più l’asticella della qualità”. Capece conclude: “Ci sono colleghi con una stella Michelin che sono davvero dei professionisti estremi: non mi ritengo all’altezza di esperti del genere”.