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Perforare i vulcani dell’Islanda per estrarre calore dal magma

In Islanda, c’è chi si prepara a scavare un pozzo sul bordo di un vulcano attivo. Come può essere possibile? Qual è lo scopo? E, soprattutto, può essere pericoloso?

Perforare un vulcano non sarà un’impresa da poco. Nel mondo, i luoghi dove il magma scorre a profondità ridotte (anche solo un paio di chilometri sotto la superficie) o dove affiora frequentemente sono pochissimi: accade in Islanda, che conta oltre trenta vulcani attivi e si trova proprio sulla faglia tra le placche euroasiatica e americana; accade in Kenya e alle Hawaii. In parte, succede anche in Nuova Zelanda, Giappone e Messico. Per gli islandesi, gestire le eruzioni è una questione di sopravvivenza quotidiana (basti pensare al blocco delle rotte aeree nel 2010 a causa della nube di cenere sollevata dall’Eyjafjallajökull, che costò 4 miliardi di euro). È proprio qui che si concentrano gli studi sul campo più avanzati, con laboratori e team di scienziati provenienti da tutto il mondo impegnati senza sosta.

L’ultima tendenza consiste nel comprendere come si muove il magma sottoterra. Gli obiettivi sono due: ottenere previsioni più precise sulle eruzioni e, nel caso specifico dell’Islanda, dove l’85% delle abitazioni è già riscaldato tramite sistemi geotermici, studiare metodi alternativi e molto più efficienti per produrre energia pulita. In entrambi i casi, si tratta di un esperimento che potrebbe rivoluzionare lo status quo.

Il Krafla è un vulcano alto circa 800 metri, una caldera con un’attività lenta ma costante. Il KMT (Krafla Magma Testbed) è il primo progetto di studio internazionale focalizzato sui movimenti magmatici sotterranei, coinvolgendo 38 tra istituti di ricerca universitari e aziende private di 11 nazioni diverse. Il progetto è supportato anche dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del Governo italiano. È stata individuata, nei pressi del cratere principale, una zona che non è mai stata interessata da eruzioni. Qui si prevede di trivellare due pozzi profondi 2,1 km per estrarre fluidi ad altissima temperatura e monitorare ciò che accade attraverso una serie di speciali sensori e sismografi. Allo stesso tempo, si studierà il modo di estrarre calore direttamente dal magma anziché dal vapore: secondo i primi calcoli, questo metodo potrebbe fornire un’energia fino a dieci volte superiore.

La data di inizio dei lavori è prevista per il 2027 e sono già stati condotti alcuni test preliminari. Questo del KMT sarebbe il primo vero e proprio osservatorio magmatico della storia e va sottolineato che un progetto simile potrebbe essere realizzato anche nella zona dei Campi Flegrei a Napoli.

Come è possibile realizzare tutto ciò? La sfida riguarda temperature estreme, pressioni elevate e gas corrosivi. Prima di tutto, è necessario sviluppare leghe speciali di nichel e titanio resistenti alle altissime temperature, con le quali realizzare, attraverso tecniche di metallurgia avanzata, tutti gli strumenti necessari. Gli scienziati concordano sul fatto che scavare un pozzo direttamente sopra il magma non comporterà rischi di intossicazione da gas, crolli o aperture di nuove bocche laviche, e in nessun caso provocherà terremoti.

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