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L’Italia sotto indagine della Corte Penale Internazionale: il caso Almasri e le possibili conseguenze

La Corte Penale Internazionale (CPI) ha avviato un’indagine sull’Italia in relazione al caso del generale libico Njeem Osama Almasri. Almasri, capo della polizia giudiziaria libica e della milizia Rada, è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità. Arrestato a Torino il 19 gennaio 2025 su mandato della CPI, è stato successivamente rilasciato dalla Corte d’Appello di Roma a causa della mancata conferma dell’arresto da parte del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Almasri è stato poi espulso e rimpatriato in Libia con un volo di Stato.

La CPI ha espresso preoccupazione per la mancata cooperazione dell’Italia, sottolineando che lo Stato potrebbe aver violato lo Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Corte. Il portavoce della CPI, Fadi El Abdallah, ha dichiarato che la questione è ora all’esame della Camera Preliminare I, e che l’Italia avrà l’opportunità di presentare osservazioni in merito.

Il governo italiano ha inizialmente negato l’esistenza di un’indagine formale, ma successivamente ha adottato una posizione più conciliatoria. Il Ministro della Giustizia Nordio ha proposto di avviare consultazioni con la CPI per affrontare le criticità emerse nel caso Almasri e prevenire situazioni analoghe in futuro.

Questo episodio rappresenta un precedente significativo, essendo la prima volta che la CPI apre un’inchiesta nei confronti di un paese europeo per mancata cooperazione nell’arresto di un individuo ricercato.

La vicenda ha suscitato un ampio dibattito politico e giuridico in Italia, con critiche rivolte al governo per la gestione del caso e per le dichiarazioni critiche nei confronti della CPI. Alcuni osservatori hanno sottolineato come tali atteggiamenti possano minare l’impegno storico dell’Italia nella promozione della giustizia internazionale.

Attualmente, la CPI sta esaminando la questione e deciderà se adottare ulteriori misure nei confronti dell’Italia. Nel frattempo, il governo italiano è chiamato a fornire chiarimenti e a collaborare con la Corte per risolvere la controversia.

 

 

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