Quando si parla di maestri del cinema contemporaneo si citano quasi sempre gli stessi; Quentin Tarantino, Wim Wenders, Christopher Nolan, Woody Allen e chi più ne ha più ne metta. Però ci sono altrettanti registi, capaci tanto di sorprendere quanto di turbare i propri spettatori, dei quali non si parla abbastanza e dei cui film – spesso premiati e apprezzati più all’estero che in terra natia – non fioccano analisi accurate e approfondite. Tra i vari registi possiamo citare Lars von Trier, Yorgos Lanthimos, Pier Paolo Pasolini, Gaspar Noé, Ari Aster e Antoine d’Agata.
Degli autori appena citati possiamo citare i seguenti film per cercare di comprende come il cinema possa avere una funzione catartica sullo spettatore mostrando ciò che, forse, risiede nella sua psiche e nelle sue paure e desideri più reconditi:
- Nymphomaniac Vol 1&2 (2013) di Lars von Trier
- Il sacrificio del cervo sacro (2017) di Yorgos Lanthimos
- Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pier Paolo Pasolini
- Irréversible (2002) di Gaspar Noé
- Midsommar (2019) di Ari Aster
- Aka Ana (2008) di Antoine d’Agata
I film in questione ci permettono di saltare da insaziabili pulsioni sessuali, a quelle violente, da reclusioni totali a libertà estreme; in sintesi ci permettono di passare da un estremo all’altro in cui l’unica costante è l’occhio del regista che tutto vede e, soprattutto, tutto mostra.
Difatti, nonostante le rigide censure e limitazioni, a livello produttivo, distributivo e creativo che ci possono essere, i registi in questione hanno combattuto e vinto per imporre la propria autentica visione del mondo e della realtà circostante. Ma perché, per raccontare una storia è necessario mostrare esplicitamente questi estremi senza risparmiarsi nulla? A questa domanda, la cui risposta può essere ricavata solo da interviste, dichiarazioni, scritti e analisi delle opere dei registi citati, possiamo provare a dare risposta andando ad attuare un’analisi inter-mediale, ossia analizzando prodotti culturali provenienti da altri medium al di fuori del cinema e, nello specifico, facendo riferimento al medium che, a partire dalla sua nascita, ha rappresentato una minaccia per il cinema poiché al suo interno sintetizza ed amplia le funzioni espresse dal cinema stesso: la televisione.
In televisione, tra i più disparati programmi, ritroviamo i suddetti reality-tv. Essi, così come film visivamente espliciti e forti, hanno una funzione catartica poiché permettono al fruitore di vivere una realtà altra e una vita che non è sua permettendogli, appunto, di non essere altro che spettatore e testimone di ciò che viene mostrato nel buio di una sala o nel buio del proprio salotto.
La funzione catartica risiede proprio nell’essere totalmente immersi in una vita non propria e in una realtà in cui la curiosità, l’istinto di morte – o thanatos come lo definiva Sigmund Freud – e la fascinazione per ciò che è proibito – come scene esplicite mostrate senza alcun filtro o censura – che permettono allo spettatore ordinario di essere spettatore di qualcosa di straordinario e permettendogli al contempo di evadere dalla propria realtà.
Sugli esiti positivi di questo processo di catarsi lasciamo tirare le somme a te che, in veste di spettatore, hai l’ultima parola.
Corrado Luciano