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Cosa cerca chi finanzia l’impresa?

A differenza della cultura anglosassone, il panorama italiano delle piccole e medie imprese è ancora poco incline alla strutturazione di un sistema di programmazione e controllo quale utile strumento di gestione aziendale. Nella maggior parte dei casi il budget fa riferimento solo al lato economico trascurando quello finanziario, necessario per capire le dinamiche future.  Il confronto quotidiano con i responsabili delle banche ha fatto emergere come non sia raro rifiutare da parte loro le richieste di finanziamento delle aziende.

Per molti imprenditori l’ostacolo più grande sembra essere un rating negativo. Ma la verità è un’altra e spesso il problema è dipeso da un errore di valutazione dello stesso imprenditore. Oggi un imprenditore che vuole far crescere la sua azienda o realizzare un progetto deve necessariamente conoscere la propria realtà.

Per questo non basta solo più un buon rapporto con il direttore di banca ma è necessario per le imprese conoscere maggiormente le regole dell’analisi e della trattativa finanziaria; anzi, l’ideale sarebbe porci proprio dal punto di vista del sistema finanziario, chiedendoci se noi, avendo delle disponibilità liquide, razionalmente finanzieremmo con tranquillità la nostra azienda.

Molti si chiedono come mai venga rifiutato un finanziamento anche se la propria azienda è in utile. La dura verità è che gli istituti bancari tengono conto dell’utile con la consapevolezza che questo è un dato numerico di bilancio e non corrisponde alla reale liquidità dell’azienda.

Oggi la logica del solo bilancio in utile  è obsoleta. Sono tante le novità e le modifiche alle norme, bancarie e non. Si parla infatti di adeguati assetti organizzativi. Basti pensare ad esempio all’entrata in vigore del Nuovo Codice sulla crisi di impresa.

Queste ultime, in particolare, chiedono da un lato alle imprese di produrre un set informativo che sia sufficiente, accurato ed aggiornato, alle banche di avere una visione del passato e futuristica dell’azienda.

Servirà un business plan strutturato che dimostri alla banca non solo il fatto che ci sarà un utile ma che ci saranno flussi di cassa futuri. Che ci sia dunque un piano strategico e concreto affinché l’azienda funzioni a medio/lungo termine nel mercato di riferimento.

In banca è necessario parlare di “tempi di incasso” e “tempi di pagamento”. Ciò ha il vantaggio di mettere la Banca nelle condizioni di diminuire o azzerare la percezione del rischio dell’azienda richiedente.

Il segreto per farlo sta in una sola parola: pianificazione. È bene infatti capire come organizzare la propria azienda nei prossimi anni valutando non solo la crescita in termini numerici, ma capendo come si genereranno i futuri flussi di cassa e come si continuerà a monitorare il rischio, a sua volta ricollegato al cosiddetto rating.

Questo per l’azienda non significa che non sia importante fatturare e generare utili, ma significa pianificare correttamente.

Il problema è che tanti imprenditori e consulenti sono capaci di portare in banca documenti attestanti le garanzie da rilasciare, ma pochissimi sono capaci di fornire alla banca una rappresentazione dei redditi futuri dell’azienda.

Quindi è assolutamente necessario iniziare velocemente a ragionare non più in termini di reddito (“quanti sono i ricavi e quanti sono i costi”) ma in termini di cassa (“quando incasso e quando pago”).

Nessuna banca finanzia le aziende sulla logica di reddito. L’istituto bancario parteciperà al progetto imprenditoriale finanziando l’azienda quando valuterà l’operazione come opportunità, attraverso una condivisione strategica e una pianificazione chiara.

Il messaggio che mi auguro di aver trasmesso è che il tempo e le risorse dedicate all’analisi dei propri dati ed alla loro esposizione organica non sono mai sprecati, ma danno sempre un valore aggiunto.

Angela Velleca
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