Economia

I 30enni di oggi andranno in pensione a 70 anni

Chi ha attualmente trent’anni potrebbe dover lavorare fino ai 70 anni prima di andare in pensione. L’Inps ha aggiornato il suo simulatore pensionistico per riflettere le nuove aspettative di vita, offrendo una prospettiva non molto incoraggiante per i lavoratori giovani, con un possibile ritardo nel pensionamento.

Coloro che hanno compiuto 30 anni nel 2023 e hanno appena iniziato a lavorare, potrebbero andare in pensione a 66 anni e 8 mesi se hanno accumulato 20 anni di contributi e raggiunto un assegno superiore a una certa soglia (tre volte l’assegno sociale del 2024, ovvero 1.603,23 euro). In caso contrario, potrebbero dover aspettare fino a 74 anni se non riescono a versare almeno 20 anni di contributi.

Secondo il simulatore, un uomo nato all’inizio del 1994 che ha iniziato a lavorare all’inizio del 2022 e che ha accumulato almeno 20 anni di contributi, andrà in pensione a dicembre 2063, a 69 anni e 10 mesi di età.
Il simulatore non è ancora aggiornato per la pensione anticipata flessibile per il 2024 (quota 103 con 62 anni di età e 41 anni di contributi), ma fornisce dati sugli importi spettanti se i requisiti sono stati raggiunti nel 2023. L’importo massimo per chi esce con i requisiti del 2023 è cinque volte il trattamento minimo (2.993,05 euro al mese) fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia, quando si avrà l’importo pieno maturato grazie ai contributi versati.

Il simulatore indica che un uomo nato a gennaio del 1980, che lavora nel settore privato e ha iniziato a versare contributi nel 2005, può andare in pensione di vecchiaia a 68 anni e 9 mesi nel novembre 2048. Può anticiparla a 65 anni e 7 mesi se ha maturato un assegno superiore a una soglia specifica (tre volte l’assegno sociale del 2024), ma potrebbe dover aspettare fino a 73 anni e 2 mesi se non ha versato 20 anni di contributi. È importante inserire nel simulatore dati rilevanti come attività usuranti, lavoro precoce, servizio militare, riscatto di titoli universitari o accredito figurativo della maternità obbligatoria fuori dal rapporto di lavoro, poiché possono influire sul calcolo degli anni necessari per accedere alla pensione.

L’Inps ha aggiornato i requisiti pensionistici in base all’incremento della speranza di vita, utilizzando lo scenario demografico Istat mediano (base 2022), relativo alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, pubblicato dalla Ragioneria Generale dello Stato sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze a dicembre 2023. Fino al 2028, l’età per la pensione di vecchiaia resta a 67 anni, poiché non ci sono stati aumenti significativi della speranza di vita, ma dovrebbe aumentare a 67 anni e un mese dal 2029. Inoltre, l’Inps ha aggiornato per il 2024 l’importo massimo della pensione anticipata flessibile, basata sui requisiti raggiunti entro il 31 dicembre 2023, che sarà pari a cinque volte il trattamento minimo, continuando fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia.

Nonostante le restrizioni all’accesso alla pensione (poi riviste con Quota 100 nel 2019), l’Italia rimane il secondo paese dell’UE con la più alta spesa pensionistica rispetto al PIL. Secondo un documento Eurostat, nel 2021, il rapporto tra la spesa per pensioni e il PIL in Italia era del 16,3%, secondo solo alla Grecia (16,4%). Nel complesso dell’UE, la spesa pensionistica ha raggiunto 1.882 miliardi di euro nel 2022, pari al 12,9% del PIL dell’Unione. Rispetto all’anno precedente, la spesa complessiva è aumentata del 2,8%, ma il rapporto con il PIL è diminuito di 0,7 punti percentuali (nel 2020, anno segnato dalla crisi del Covid, era al 13,6%). Seguono l’Italia l’Austria (15%) e la Francia (14,9%).

Christian Palmieri

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