Nel cuore del sistema sanitario italiano, una generazione di medici specializzandi si trova ad affrontare condizioni di lavoro che mettono a dura prova la loro resilienza e dedizione. Con una retribuzione che sfiora appena i 5 euro l’ora, questi giovani professionisti rappresentano il pilastro su cui si regge gran parte dell’assistenza ospedaliera, nonostante la loro posizione ufficiale sia quella di medici in formazione. La loro situazione, esacerbata da turni estenuanti e responsabilità spesso oltre le loro competenze, pone in evidenza le criticità di un sistema che appare sempre più incline allo sfruttamento piuttosto che al supporto dei suoi futuri medici.
Il presidente dell’Associazione Liberi Specializzandi, Massimo Minerva, sottolinea come oltre la metà dei 50.000 medici specializzandi in Italia sia costretta a lavorare in condizioni che rasentano l’insostenibile, con borse di studio che ammontano a circa 1.650 euro lordi al mese per turni che possono superare le 60 ore settimanali. Questa situazione si aggrava nelle specializzazioni chirurgiche, dove i giovani medici sono chiamati a reggere interi reparti e ad assumersi responsabilità che dovrebbero appartenere a figure più esperte e strutturate.
La testimonianza di Paola, una specializzanda torinese, dipinge un quadro chiaro della realtà ospedaliera: turni senza fine, responsabilità legale per le operazioni chirurgiche effettuate, e una stanchezza che mina la capacità di operare in sicurezza. Questa condizione non è isolata, ma condivisa da specializzandi in tutta Italia, da Milano a Napoli, passando per Bologna, Roma e Bari. Nonostante la normativa preveda la possibilità di integrare il proprio reddito con attività come le guardie mediche, molti si trovano di fronte a divieti e ostacoli posti dai direttori delle scuole di specializzazione, in un sistema che pare volerli mantenere in una condizione di perenne dipendenza.
Il decreto Calabria del 2018, che avrebbe dovuto facilitare l’inserimento degli specializzandi nel mondo del lavoro a partire dal terzo anno di formazione, si scontra con la realtà di un ambiente accademico e ospedaliero che, secondo Minerva, si serve di questi giovani professionisti come di una manodopera a buon mercato, indispensabile per il mantenimento delle attività quotidiane negli ospedali.
Le storie di Antonio e Marta, specializzandi rispettivamente a Bari e in un grande ospedale del Nord Italia, rivelano come spesso siano lasciati a gestire situazioni complesse senza l’adeguato supporto, una condizione che non solo mette a rischio la loro formazione ma anche la sicurezza dei pazienti. Questa realtà di semi-autonomia forzata, in cui il supporto didattico e pratico viene meno, contrasta con l’essenza stessa della specializzazione, che dovrebbe essere un percorso di apprendimento e crescita sotto la guida di professionisti esperti.
La situazione economica degli specializzandi, il cui stipendio è rimasto invariato dal 2007 perdendo oltre il 40% del suo valore reale, trova eco in quella degli strutturati, anch’essi alle prese con retribuzioni inadeguate e con la crescente privatizzazione del sistema sanitario nazionale. Il sindacato dei medici Anaao Assomed ha più volte sollevato la questione, chiedendo al governo di intervenire per fermare l’emorragia di professionisti verso il settore privato e di investire adeguatamente nel personale.
Il crescente disinteresse per le specializzazioni più impegnative si riflette nei numeri degli ultimi concorsi, con una significativa percentuale di borse di studio non assegnate, soprattutto in ambiti critici come la medicina d’urgenza, la chirurgia generale e l’anestesia e rianimazione. Al contrario, specializzazioni meno gravose e con maggiori prospettive nel settore privato, come cardiologia, pediatria e chirurgia estetica, registrano un minor numero di posti vacanti.
Questa analisi mette in luce la necessità di un rinnovato impegno istituzionale per garantire condizioni di lavoro eque e sostenibili per gli specializzandi, che rappresentano il futuro della sanità italiana. Solo attraverso un sostegno concreto alla loro formazione e al loro benessere sarà possibile garantire un sistema sanitario nazionale efficace, efficiente e umano.
Christian Palmieri