Il DDL Sicurezza, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso marzo, è uno dei provvedimenti simbolo del governo Meloni. Al suo interno si concentrano misure riguardanti immigrazione, ordine pubblico, carcere e manifestazioni. Ma ciò che rende questo decreto particolarmente interessante è il modo in cui è cambiato prima ancora di essere approvato definitivamente.
A determinare una modifica sostanziale del testo è stato l’intervento, discreto ma incisivo, del Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella, nel pieno delle sue prerogative costituzionali, ha indicato al governo le parti del ddl che rischiavano di violare principi fondamentali dell’ordinamento democratico.
Non si è trattato di uno “stop” pubblico o clamoroso: non una bocciatura plateale, ma una moral suasion istituzionale, condotta nelle forme che la nostra Costituzione prevede. Il risultato, però, è tangibile. Diverse disposizioni del ddl sono state modificate o eliminate, a testimonianza di come il Presidente possa effettivamente agire come garante dell’equilibrio tra potere esecutivo e diritti costituzionali.
Le modifiche richieste dal Quirinale
Ecco, nel dettaglio, le principali disposizioni oggetto di rilievo da parte del Colle, e in che modo sono cambiate:
1. Vendita di SIM agli immigrati irregolari
La versione iniziale del ddl vietava l’acquisto di schede telefoniche a chi non possiede un regolare permesso di soggiorno. Una misura che avrebbe avuto un impatto diretto sulla possibilità per queste persone di comunicare, anche per esigenze familiari o legali.
Mattarella ha sollevato dubbi sulla compatibilità con i diritti fondamentali, e la norma è stata ritirata dal testo finale.
2. Detenzione di donne incinte o con figli minori di un anno
Il decreto, nella prima stesura, permetteva di incarcerare anche le donne in stato di gravidanza o madri di bambini molto piccoli.
Il Quirinale ha evidenziato come questa disposizione fosse in contrasto con gli obblighi internazionali e costituzionali di tutela dell’infanzia e della maternità. Il governo ha corretto la norma, privilegiando misure alternative alla detenzione.
3. Nuovo reato di rivolta carceraria e sanzioni per la resistenza passiva
Il ddl introduceva sanzioni più severe per chi partecipa a rivolte in carcere, anche in forma non violenta. In un contesto già critico, come quello delle carceri italiane, Mattarella ha sottolineato il rischio di una repressione sproporzionata e contraria alla dignità della persona. Anche in questo caso, la norma è stata rivista.
4. Limitazioni al diritto di manifestare contro grandi opere pubbliche
Alcune disposizioni sembravano restringere la possibilità di protestare contro infrastrutture “strategiche” come la TAV o il Ponte sullo Stretto.
Il Colle ha ribadito che il diritto a manifestare è costituzionalmente tutelato e non può essere limitato arbitrariamente. Il testo è stato modificato per evitare profili di incostituzionalità.
5. Aggravanti per reati contro le forze dell’ordine
Il decreto prevedeva l’introduzione di aggravanti automatiche in caso di reati commessi contro agenti o pubblici ufficiali.
Mattarella non ha contestato il principio, ma ha chiesto maggiore equilibrio e chiarezza, per evitare automatismi che possano pregiudicare il diritto alla difesa e il principio di proporzionalità della pena.
Il ruolo del Presidente: garante, non arbitro
Il caso del ddl Sicurezza è emblematico. Dimostra come la figura del Presidente della Repubblica non sia un mero notaio delle leggi, ma un garante attivo della legalità costituzionale.
Mattarella non ha esercitato il potere di rinvio, previsto dall’articolo 74 della Costituzione, perché ha preferito agire prima, in modo preventivo e collaborativo. Questo ha permesso di evitare uno scontro istituzionale aperto e, allo stesso tempo, di salvaguardare i principi fondamentali.
Una democrazia che funziona
In un momento storico in cui la politica appare spesso polarizzata e incline alla propaganda, l’azione silenziosa ma determinante del Colle dimostra che la democrazia italiana ha ancora i suoi anticorpi. Non perfetti, ma attivi.
Ed è anche grazie a questi che oggi possiamo parlare non solo di un decreto sicurezza, ma di una correzione democratica del potere legislativo in nome della Costituzione.