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Riparto da Zero

“La tua seconda vita comincia quando capisci di averne una sola”

Mi piace esordire con il titolo di uno dei miei libri preferiti, perché centra in maniera perfetta il finale della mia storia.

Ma partiamo dall’inizio… Avevo 34 anni, una famiglia meravigliosa, tre stupende bambine, un marito attento e premuroso, avevo salute, bellezza, avevo sicurezza, mi sentivo forte, perché a quell’età, con una vita apparentemente realizzata e completa, senti che non può accaderti niente di male, ti senti imbattibile, pensi che nulla possa fermarti, invece…

Un giorno qualsiasi, un controllo di routine, da un po’ di giorni tastavo qualcosa di strano al seno sinistro, una pallina grande quanto una noce, fra me pensavo: “sarà sicuramente un grumo di latte, visto che sto allattando, non sarà nulla di grave…”

Presto questa mia spensieratezza veniva spazzata via da una diagnosi agghiacciante: “carcinoma mammario, g2 , infiltrante ed invasivo di grado medio alto.”

Ecco a quel punto tutto si ferma, non riesco a muovermi, mi sento bloccata, non sento più nulla se non un  ronzio che mi isola dalla realtà, inizio ad avvertire tremore, il fiato diventa corto e i battiti del cuore iniziano ad impazzire… una voce mi riporta al momento presente ed era quella della dottoressa la quale mi chiede cosa stessi pensando, ma io in quel momento non riuscivo neanche a respirare, figuriamoci accennare a qualche riflessione… in quel momento volevo soltanto scappare, correre via , via da quella vita che finora sembrava perfetta, volevo correre via da me stessa , da quello che si stava insediando dentro di me, volevo semplicemente riiniziare a respirare… ancora.

Quando provavo pian piano a rendermi conto di  cosa davvero mi stesse accadendo,  realizzavo che a conti fatti “un intruso” stava invadendo il mio corpo e minacciava di portarmi via tutto quello che con amore e sacrificio avevo costruito ed io non potevo permetterlo, non potevo scappare, dovevo restare e lottare con tutte le forze che sapevo di avere e quelle più nascoste che a tempo debito sarebbero uscite fuori come un tornado.

Da quel punto in poi tutto cambia, la mia vita, il mio corpo, i miei pensieri, le mie abitudini, la mia alimentazione, tutto viene stravolto, tutto ciò che prima era normale e ovvio svaniva ed io inceppata non potevo fare niente.

Iniziavo così i numerosi cicli di chemio, perdevo i miei capelli, ciglia, sopracciglia, le unghie, tanti chili e soprattutto perdevo Rachele, non la riconoscevo più in quel corpo deturpato, si perdeva così d’un tratto tutto ciò che rende bella e sicura una donna, perdevo cose che molto spesso consideriamo scontate, ma che davvero non lo sono, perdevo la sicurezza in me stessa, perdevo la mia femminilità.

Però provando a cercarmi, riuscivo a trovarmi nello sguardo di quegli occhi spesso colmi di lacrime, colmi di rabbia, ma anche, anzi direi soprattutto, colmi di grinta e voglia di farcela, voglia  di cacciare via quell’intruso e combattere fino in fondo, lo dovevo alle mie figlie, a mio marito, ai miei genitori, che avevano già perso una figlia, ai miei fratelli, ma soprattutto lo dovevo a me stessa, avevo una vita ancora tutta da scoprire, tanti posti inesplorati e tanto amore ancora da donare.

Cari amici della mia calvizia temporanea, erano sicuramente i miei numerosi foulards che indossavo a seconda delle situazioni, adeguandoli all’abbigliamento, mi divertivo ogni giorno a trovare sempre modi diversi di legarli, cercando di donare ogni volta una sorte di cornice colorata a quel volto ormai spento dalle cure massicce, cure distruttive per il fisico, ma allo stesso tempo armi potenti contro quel male tanto diffuso, ma ad oggi ancora  così  subdolo e misterioso.

Arrivavo così a fatica, con difficoltà persino a camminare o indossare scarpe, con sopracciglia dipinte, ma con una grandissima dignità di vedermi protagonista di una lotta senza pari, alla battaglia finale, quella dell’ intervento, il momento in cui finalmente quello sconosciuto indesiderato sarebbe stato sradicato.

Decidevo, per l’occasione di indossare un foulard stampa militare, perché mi toccava la parte più dura e decisiva e ricordo di aver detto ai miei familiari, prima di entrare in sala operatoria: “adesso vado a fottere il cancro…”

E così fu, il tumore, non c’era più, a questo punto tutta la mia vita si resettava, tutto ripartiva da zero, proprio come i  miei capelli, iniziava tutto proprio l’ 8 marzo, data dell’intervento, data in cui avverto finalmente libertà, la mia vita sospesa era ormai sbloccata, avevo con me un bagaglio di esperienza valido per l’espatrio da una vita normale verso una vita straordinariamente nuova, consapevole,  conscia e adorante di ogni sua  sfaccettatura, finalmente iniziavo di nuovo a respirare, respiravo aria di rinascita!!! Uscivo finalmente da quel bozzolo e adesso potevo spiegare le mie ali e come una farfalla volare verso l’infinto.

Riponevo i miei cari amici turbanti per dar spazio alla calvizia più bella di sempre, adesso la mia testa, completamente pelata, rappresentava il mio distintivo d’onore che con orgoglio sfoggiavo.

Attualmente, ogni qual volta mi guardo allo specchio, nonostante le numerose cicatrici, malgrado  un seno dimezzato e sopracciglia tatuate, mi vedo  ed, in particolare, mi sento  bellissima, come non mai, adoro ogni segno lasciato sul mio corpo, perché le mie ferite oggi danno forma alle aperture della parte migliore di me e come cita sapientemente Buddha “Proprio come il fiore di loto, ho avuto la capacità di risorgere dal fango, sbocciando dall’oscurità e irradiandomi nel mondo”.

Nella mia memoria resterà per sempre ogni sguardo o parola dei medici, degli infermieri, ogni iniezione, ogni referto, ogni chemio, ogni viaggio verso “Il Gemelli”, ogni dubbio, ogni paura, ogni pianto ed ogni sorriso, resterà viva ogni immagine  che si sia intrecciata nel cammino verso la guarigione; segnatamente rimarrà la concezione di essere enormemente grata alla vita, perché essa mi ha regalato più di ciò che mi ha tolto.

Rachele Eleonora Belculfiné

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